L'alba del pescatore

Vincenzo Luciano è un pescatore, ha 51 anni e conduce la stessa vita da quando è bambino. Abita a Steccato di Cutro, in Calabria. Vive un'esistenza semplice, tutta dedicata alla pesca e al mare. Le sue giornate iniziano in spiaggia. Non passa giorno in cui Vincenzo non ci vada, anche solo per guardare il mare, per sorridergli. I suoi occhi sono blu, come il colore dei fondali: forse il suo destino è scritto nel suo sguardo.

Il 26 febbraio 2023, di mattina presto, saranno state le 6.30 circa, Vincenzo si incammina verso la spiaggia. Piove a dirotto, c’è vento, nebbia e mare forza 4, con onde alte circa due metri e mezzo. Deve recuperare delle nasse (attrezzature preziose per chi vive di pesca) che in genere stanno in acqua. Considerato il cattivo tempo, crede che il mare le abbia riportate a riva e che, dunque, vadano raccolte.

Parcheggia, prende delle buste e un borsone dal sedile posteriore. È ancora in macchina e sente delle urla. Vincenzo istintivamente pensa che la radio sia accesa, così abbassa il volume. Ma le urla continuano, sempre più forti. Scende. Si guarda intorno. È incredulo, gli manca il respiro. Davanti a lui c'è un gruppo di donne che agita le braccia per chiedergli aiuto. Sono bagnate, mezze nude, hanno il volto disperato. Tremano. Vincenzo è stordito, non capisce se quel che sta vedendo sia reale o no. Le donne continuano a fargli segno verso un punto preciso della spiaggia. Vincenzo corre, si precipita, lì dove gli hanno indicato. Quello che vede è una distesa di morti uno sopra l’altro. Vincenzo ancora non capisce, è sconvolto. Ora le donne lo spingono verso la riva. Corrono, e lui corre con loro. Accende la torcia del telefono per vedere meglio. Sulla superficie del mare galleggiano decine di cadaveri.

Non possono essere tutti morti

Cosa sta succedendo? Chi sono quelle persone? Vincenzo vorrebbe sapere ma non c'è tempo per darsi delle risposte. Bisogna soccorrere i naufraghi. «Ci sarà pure qualche sopravvissuto, non possono essere tutti morti», pensa. Si tuffa subito in mare, l'acqua è freddissima. Nuota tra le onde alte, mentre continua a piovere. A un tratto, vede in lontananza i pezzi di una barca che galleggiano e alcune persone aggrappate al relitto. Vincenzo inizia a capire. Anzi, ora è tutto chiaro. Un caicco carico di migranti è finito nella secca. Vincenzo continua a girare in acqua alla ricerca di qualcuno da salvare, ma intorno a lui non c'è niente che abbia vita. Quel che vede sono solo cadaveri e tanti sono bambini. Cerca di rianimarli, li solleva, li scuote. Ma è troppo tardi.

Nel frattempo, le donne e gli uomini sopravvissuti si radunano sulla spiaggia. Si disperano, si lamentano. Hanno visto morire i loro figli, fratelli, genitori, mariti, mogli. Sono sotto choc. Qualcuno chiede aiuto, altri stanno ancora cercando. Fra le urla si sentono dei nomi. Molti di loro non sapevano nuotare, il mare non l’avevano mai visto prima. «Help, help, help» continuano a ripetere a Vincenzo. Lui non conosce l’inglese ma capisce. Solo che è arrivato troppo tardi.

«Vincenzo, pensaci tu»

Vincenzo chiama i soccorsi: Polizia, Guardia di Ginanza, Carabinieri. Diventa il punto di riferimento per tutte le forze dell'ordine che accorrono a Steccato di Cutro. La spiaggia dove sono annegati i migranti è in una zona molto isolata. Si tratta di un luogo quasi deserto d'inverno, abitato solo in estate da chi ha case vicino alla spiaggia. Vincenzo fa avanti e dietro per indicare ai soccorritori la strada da seguire. Nella sua macchina, assieme a tutte le forze dell'ordine, carica i cadaveri per spostarli in luoghi più asciutti, lontani dalle onde.

Fino alla notte, Vincenzo cerca corpi. Dietro un'insenatura, oltre le dune di sabbia, verso gli scogli. Non si dà pace: trascorrerà così anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Tutti si rivolgono a lui, anche i familiari delle vittime. «Sappiamo che tu hai trovato tanti corpi, trova anche nostro cugino, nostro figlio, nostra sorella», gli chiedono. Vincenzo vive notte e giorno per esaudire quei desideri. Con una torcia speciale cerca ovunque, ma trova solo corpi senza vita. Il bilancio totale dei morti è di 94 vittime.

Quel maledetto caffè

Nella tragedia, nell'orrore, nella paura, c'è un altro tasto dolente. A vederlo, Vincenzo sembra un tipo piuttosto forte. Altezza media, spalle larghe, aria di chi che ne ha viste tante. Tutte le mattine, alle 5, dà un bacio a sua moglie e, prima di correre verso il mare, si prende un caffè. È un'abitudine a cui non rinuncia mai per avere la giusta energia, dice. Vincenzo, però, non si dà pace per il caffè preso quella mattina. Quanto può avere impiegato a berlo? Cinque, dieci minuti? Ecco, lui crede che, se quella mattina non l'avesse preso, forse avrebbe salvato qualcuno. Cinque minuti in genere non cambiano il corso delle cose, ma, forse, quel giorno sì. «Non dovevo berlo e mi maledico per averlo fatto. Se fossi uscito di casa senza prendere il caffè, magari qualcuno l'avrei salvato», dice ancora oggi Vincenzo a distanza di quasi un anno. Non ce l'ha con chi doveva evitare quella tragedia, ma con se stesso. Perché, secondo lui, senza quel caffè, oggi racconteremo una storia diversa.

Quale storia? "L'alba del pescatore" prova a raccontarla: Steccato di Cutro un anno dopo il naufragio. Una ferita che non si rimargina e che i provvedimenti del Governo, le indagini in corso e il processo appena avviato non sono riusciti a tamponare. Anzi, quella ferita sanguina ancora.

Invisibili

L'alba di Vincenzo inizia sei giorni prima, quando alcuni scafisti, di nazionalità turca e siriana, radunano i migranti da portare in Italia. Si tratta di circa duecento persone, che arrivano da Afganistan, Siria, Somalia e Palestina. L’appuntamento è a Smirne, in Turchia, città in cui i gruppi vengono fatti salire su un’imbarcazione. Inizia il viaggio. Dopo due giorni in mare, l’imbarcazione collassa, non regge le onde. Gli scafisti scelgono un caicco, un'imbarcazione decisamente non idonea a lunghe traversate in mare. Si chiama “Summer Love”, ma è un nome che inganna. La navigazione prosegue per tre giorni sottocoperta, per tenere i passeggeri invisibili a eventuali avvistamenti. Le condizioni igieniche sono disumane, ma è gente che accetta qualsiasi compromesso. Sono alla conquista di un'altra vita, della propria libertà.

La Calabria all’orizzonte e l’avviso di Frontex

Alle 22:30 del 25 febbraio 2023, un velivolo di Frontex, agenzia di frontiera dell’Unione Europea, avvista l’imbarcazione a quaranta miglia dalla costa calabrese e avverte le autorità italiane, tra cui la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera. Ciò che comunica Frontex è decisamente cruciale per tutto ciò che è accaduto dopo. L'agenzia riferisce che un'imbarcazione sovraffollata sta navigando in mare, che non si vedono giubbotti di salvataggio e che, soprattutto, il mare è agitatissimo, forza 4. Il velivolo la segue per un po’, ma poi è costretto a rientrare per fare rifornimento.

L’informazione viaggia nella catena di comando tra Guardia di Finanza, Guardia Costiera e ministeri competenti, ma nessuno si muove. Fino a quando, intorno alle due del mattino, partono da Crotone una motovedetta e un pattugliatore. E non della Guardia costiera (che si occupa dei soccorsi in mare), ma della Guardia di finanza. L’operazione, infatti, non ha l’obiettivo di salvare vite umane, ma solo di contrastare l'immigrazione clandestina. Dopo poco, però, le due imbarcazioni sono costrette a rientrare a causa delle pessime condizioni del tempo.

La notte degli orrori

Sono le 4 del mattino: la Summer Love si incaglia all’ interno di una secca, a soli settanta metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Inizia precipitosamente ad affondare. È una situazione di panico assoluto. La gran parte dei passeggieri si trova sottocoperta e gli scafisti obbligano tutti a restare lì, sul fondo, anche dopo la rottura dell’imbarcazione, con l'acqua che invade lo scafo.

Si contano subito le prime vittime. La Guardia Costiera arriva dopo quasi due ore, ma è troppo tardi: la tragedia si è già consumata. La maggior parte dei passeggeri muore annegata, senza neanche avere il tempo di provare a salvarsi. Altri finiscono in mare: qualcuno tenta invano di nuotare, di aggrapparsi ai pezzi della barca frantumata in mare. A soli 70 metri dalla riva, novantaquattro persone perdono la vita. È una tragedia. La mente torna a Lampedusa, al 3 ottobre 2013.

Perché non è intervenuto nessuno?

La ricostruzione di quanto accaduto non è ancora chiara: la Guardia Costiera ha dichiarato di non essere intervenuta perché il velivolo di Frontex avrebbe segnalato una imbarcazione piena di migranti. E che, di conseguenza, spettasse alla Guardia di Finanza intervenire. Al tempo stesso, però, nella relazione di servizio effettuata mezz’ora prima, la Guardia Costiera aveva affermato - e poi riportato nel diario di bordo - che lo scafo sembrasse in difficoltà. Sta di fatto che il Corpo della capitaneria di porto di Crotone mette in allerta le sue barche, progettate proprio per il salvataggio in mare. Ma a partire non sono loro. A mettersi in mare sono, invece, la motovedetta e il pattugliatore della Guardia di Finanza: doveva essere un’operazione di polizia, di contrasto all’immigrazione clandestina. Ma il mare è troppo mosso e i finanzieri tornano subito in porto. La Summer Love, avvistata diverse ore prima, viene lasciata al suo destino.

L'accoglienza calabrese

Vincenzo Luciano è stato il primo di un'infinità di persone che, all'indomani del naufragio, si è rimboccata le maniche. Tutta la comunità locale (associazioni, cittadini, avvocati, sindaci) hanno lavorato notte e giorno dando un contributo strepitoso. Il Comune di Crotone ha messo a disposizione il palazzetto dello sport della città (il "PalaMilone"), all'interno del quale sono state depositate le bare. L'associazione di volontariato "Sabir" (con sede a a Caccuri) ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione dell'emergenza. Me lo ha raccontato con la voce rotta dall'emozione la sua presidente, Manuelita Scigliano: «Abbiamo dato cibo, vestiti e cercato posti per la notte. Ci siamo attivati soprattutto per la celebrazione di funerali e per le sepolture - ha proseguito - facendo turni anche di quindici ore al giorno».

Manuelita e i volontari dell'associazione sono rimasti al fianco dei familiari delle vittime fino a quando è stata portata via l'ultima bara. Sì, perché l'associazione "Sabir" ha avuto un ruolo cruciale anche per il riconoscimento dei defunti. «L'iter consisteva nel fotografare i cadaveri, che dopo due giorni dovevano essere chiusi nelle bare, per poi mostrare le immagini agli eventuali parenti». A volte, però, i familiari non si sentivano di guardare le foto e chiedevano aiuto ai volontari: «Se i parenti erano particolarmente provati - ha concluso Manuelita - le immagini venivano mostrata a noi, che gliele descrivevamo minuziosamente».

Ma l'associazione Sabir non è l'unica ad aver lavorato in quei giorni a Crotone: a mobilitarsi è stata la Calabria intera. Da ogni parte della regione, sono giunti volontari, cittadini, medici, legali. La Calabria non ha lasciato indietro nessuno, dimostrando un'accoglienza fuori dal comune.

Item 1 of 4

Quel che rimane del fondo della "Summer Love"

Quel che rimane del fondo della "Summer Love"

Il punto esatto della spiaggia dove sono stati rinvenuti i cadaveri

Il punto esatto della spiaggia dove sono stati rinvenuti i cadaveri

Il monumento in memoria delle vittime di Steccato di Cutro

Il monumento in memoria delle vittime di Steccato di Cutro

L'entrata di Steccato di Cutro (KR)

L'entrata di Steccato di Cutro (KR)

Guardia costiera o Guardia di Finanza?

Se una nave in stato di pericolo viene captata da Frontex o comunque da qualsiasi autorità, chi deve intervenire? Non è così facile stabilirlo. La prima cosa importante da sapere è che, in Italia, per effettuare operazioni di soccorso in mare, bisogna seguire una procedura ben precisa. In base al protocollo aggiornato dal Governo nel febbraio 2021, le operazioni di salvataggio (altrimenti dette “Sar”) spettano alla Guardia Costiera, che può classificare i livelli del soccorso: fase di incertezza, in cui si sospetta che una nave possa trovarsi in pericolo per qualsiasi ragione; fase di allerta, durante la quale la Guardia Costiera non ha più notizie dell’imbarcazione; fase di pericolo, in cui è certo che la nave in questione abbia bisogno di soccorso immediato. A coordinare il salvataggio e a decidere quale sia la scelta migliore da prendere è l’Imrcc - Italian Maritime Rescue Coordination Center -di Roma.

La situazione cambia, però, se si tratta di migranti: in questo caso, la questione diventa, a prescindere, di pubblica sicurezza. E questo perché lo Stato Italiano contrasta l’immigrazione clandestina. A dover intervenire non è più la Guardia Costiera (che rappresenta il ministero dei Trasporti), ma la Guardia di finanza (ossia il ministero dell’Interno). Lo dispone il Decreto legislativo n.177/2016, che stabilisce che la responsabilità del contrasto deve essere affidata alla Guardia di Finanza.

Fascicolo D26 - Podcast

Cos'è successo esattamente a Steccato di Cutro la notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023? Perché le autorità non hanno impedito la morte di 94 immigranti? In questo podcast, cercherò di darmi delle risposte assieme a Francesco Verri, l'avvocato dei familiari delle vittime. Con lui vorrò ricordare che, dietro ogni partenza in mare, c'è sempre una scelta di libertà.

Politiche di immigrazione in Italia

In Italia, l'arrivo e integrazione di immigranti vengono gestiti attraverso un complesso di misure e leggi. Le politiche scelte per l'immigrazione coprono diversi aspetti: dalla regolamentazione dei flussi migratori alla protezione dei richiedenti asilo, dall'integrazione alla lotta all'immigrazione irregolare.

Innanzitutto, l'Italia stabilisce annualmente dei programmi di ingresso per lavoratori non comunitari, definendo quote specifiche per diversi tipi di lavoro, inclusi quelli stagionali, autonomi e per motivi familiari. Questo permette una gestione controllata dei nuovi ingressi, basata sulle esigenze del mercato del lavoro.

Per quanto riguarda la procedura di asilo e la protezione internazionale, lo Stato deve necessariamente seguire le normative europee e internazionali. Ogni richiesta di asilo è valutata individualmente, garantendo protezione a coloro che fuggono da persecuzioni o conflitti. In particolare, sono previste due forme di protezione: il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria per chi non può tornare nel proprio Paese per gravi motivi.

L'integrazione degli immigrati è, in linea teorica, un altro aspetto fondamentale delle politiche italiane. Sono infatti previsti corsi di lingua italiana e programmi di orientamento civico, nonché l'accesso a sanità, servizi sociali e istruzione. È riconosciuta l'importanza di facilitare l'integrazione degli immigrati nella società italiana, promuovendo il rispetto reciproco e la comprensione culturale.

Invece, per contrastare l'immigrazione irregolare, l'Italia adotta misure di controllo delle frontiere, in particolare marittime, collaborando con altri Paesi. Sono previsti rimpatri forzati per chi non ha diritto di soggiorno nel Paese, ma anche programmi di rimpatrio volontario.

In tema di lavoro e formazione, sono promossi percorsi di formazione professionale per facilitare l'inserimento lavorativo degli immigrati. Tuttavia, l'accesso al mercato del lavoro è riservato ai titolari di permesso di soggiorno, in base a specifiche regolamentazioni. I diritti di voto sono limitati a livello locale per i residenti di lungo periodo. Il ricongiungimento familiare è infine un altro aspetto importante, che permette agli immigrati legalmente residenti di riunirsi con i propri familiari.

Per quanto riguarda la cittadinanza, l'Italia offre diverse vie per la sua acquisizione, tra cui la residenza, il matrimonio o per nascita in Italia. Infine, la cooperazione internazionale e i progetti di sviluppo mirano a gestire i flussi migratori collaborando con i Paesi di origine e di transito, e affrontando le cause profonde dell'immigrazione irregolare.

Queste politiche sono in continuo aggiornamento: riflettono i cambiamenti della situazione migratoria globale nonché le necessità interne del Paese.

Il decreto Cutro

Il DL 20/23, cosiddetto “Decreto Cutro”, convertito in Legge n. 50/2023, ha modificato il Testo Unico sull’Immigrazione introducendo diverse novità normative. Il nuovo impianto legislativo ha, infatti, modificato la durata e il rinnovo di alcuni titoli di soggiorno rilasciati ai cittadini stranieri.

In particolare, la norma ha previsto che i rinnovi dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato, per lavoro autonomo e motivi familiari potranno avere una durata massima di tre anni, anziché due come previsto prima. Di conseguenza, per questi titoli di soggiorno il rinnovo consentirà ai cittadini stranieri di raggiungere il requisito dei cinque anni di residenza in Italia richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo. Le altre novità apportate dal decreto legge n.20/2023 sono state in materia di conversioni, protezione speciale, calamità e minori stranieri non accompagnati.
Conversioni: Il Decreto Cutro elimina totalmente la possibilità di richiedere la conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale, calamità o cure mediche in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Protezione speciale: è stata eliminata anche la possibilità di richiedere il permesso di soggiorno per "protezione speciale". I permessi di soggiorno già rilasciati potranno essere rinnovati soltanto una volta per un anno. Alla scadenza, poi, potranno essere convertiti in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Calamità: viene limitato il permesso di soggiorno rilasciato al cittadino straniero in presenza di calamità rendendolo rinnovabile, solamente per sei mesi, qualora permangano le condizioni.   Minori stranieri non accompagnati: La legge 50/23 ha, infine, limitato a un anno il periodo massimo di validità del permesso di soggiorno per motivi di studio, accesso al lavoro, lavoro subordinato o lavoro autonomo, rilasciato al compimento della maggiore età ai minori stranieri non accompagnati.

La mia alba

Per raccontare questa storia, ho avuto l'onore di conoscere diverse persone che, direttamente o trasversalmente, l'hanno vissuta. Ho parlato con Vincenzo, pescatore buono e umile, senza il quale forse oggi conosceremmo un racconto diverso, ancora più infelice. Ho intervistato l'avvocato Verri, che mi ha dato un punto di vista giuridico e giurisprudenziale. Lo ha fatto in maniera lucida ma, al contempo, arrabbiata. Ho chiacchierato con Manuelita Scigliano, una volontaria che, nei giorni dopo il naufragio, si è messa subito all'opera con la sua associazione. L'ho sentita solo al telefono, ma la sua voce, rotta dall'emozione, mi ha raccontato molto più di quanto potessi vedere.

Infine, mi son messa cercare altrove. Ho ascoltato interviste di sopravvissuti, familiari, sindaci, cittadini comuni, soccorritori, forze dell'ordine. Gente che, in quei giorni, si è rimboccata le maniche sul serio. Volevo ritornare a pieno a quel 26 febbraio 2023, ripercorrendo quello che è successo in Italia quei giorni. Anzi, più che in Italia, in Calabria. Sì, perché, da buona calabrese, anche se ho tentato di snaturarmi e di essere più lucida possibile, non nego di aver vissuto questo storytelling con un doppio dolore.

Il primo: la morte di quelle persone a soli 70 metri dalla spiaggia. Qualcosa di devastante che ha sconvolto gli animi di tutti noi. Il secondo: che tutto questo sia successo a Steccato di Cutro, in Calabria. Nella mia terra. Quella che difendo a spada tratta contro chi ne parla senza conoscerla. Contro chi non vuole vedere la bellezza di una regione difficile, ma felice. Le persone che ho conosciuto in questi mesi mi hanno parlato dell'accoglienza calabrese dopo il naufragio, del sindaco di Crotone che ha messo subito a disposizione il palaMilone, della vecchietta che ha voluto a tutti i costi inchinarsi e pregare accanto alle bare di sconosciuti. Ecco, quando ho sentito tutto questo, ho visto la mia Calabria. Quella vera. Quella che ama incondizionatamente tutti e che ha accolto un'infinità di popoli dall'inizio della sua storia. La Calabria che, con i suoi antichi saperi, insegna vita e dignità.

L'alba dalla spiaggia di Steccato di Cutro

L'alba dalla spiaggia di Steccato di Cutro